museOpen, si pone il preciso obiettivo di scardinare e ridefinire il tradizionale modo di intendere e fruire uno dei luoghi della cultura per eccellenza: il museo.
Terreno di ricerca e sperimentazione sarà il museo civico di scienze naturali Malmerendi di Faenza, il più importante e ricco istituto scientifico naturalistico della provincia ravennate. Da ottobre 2020 la struttura si trasformerà in una vera e propria fucina di nuovi modi di produrre, di abitare la terra, e di buone pratiche per una comunità smart e sostenibile. Il punto di partenza è un ricco calendario eventi, che vedrà coinvolti una molteplicità di soggetti pubblici e privati provenienti da tutto il territorio regionale. Quindici appuntamenti, tra approfondimenti scientifici, talk, proiezioni cinematografiche, laboratori didattici, per parlare e coinvolgere un pubblico ampio ed eterogeneo… Filo conduttore sarà la ricerca sull’ambiente, inteso sia come spazio ecologico tangibile sia come spazio socio-culturale intangibile.
Abbiamo inoltre previsto due micro-interventi a carattere strutturale:
Progetto vincitore bando regionale GPT giovani per il territorio 2020.
15-16 NOVEMBRE 2019
Il teatro, come la luna,
È un satellite della terra
Un luogo altro
Dove poter preservare
I nostri sentimenti assoluti
Dove lasciare andare i compromessi,
le mezze misure
Un luogo da attraversare
Sospendendo il giudizio
Senza passato né futuro
Solo presente ripieno di curiosità e voglia di scoprire.
Il 15 e il 16 novembre potrete fare il vostro primo passo su un’altra luna, il teatro cinema Sarti vi aspetta per una visita senza precedenti.
L’evento è inserito all’interno della manifestazione “A scena aperta 2019” dell’IBC Istituto per i beni aristici, culturali e naturali Regione Emilia Romagna
Raccontare le donne, oggi, non è affatto facile. E diventa ancora più difficile se si sceglie di farlo stando alla larga dai cliché, dal “già detto” e dal “già visto”, per riuscire a dare piena dignità ad una storia complessa, ricca di ostacoli e sfide, ma anche di amore e riscatto. Empowerment femminile, emancipazione, girl-power, sorellanza…sono parole entrate ormai da tempo nel nostro vocabolario per tracciare un percorso di evoluzione e crescita che ha portato la donna ad essere al centro di un processo di crescita sociale, politica, economica, ad oggi non ancora concluso. D’altronde, come ha dichiarato Mahnaz Afkhami, fondatrice e presidente dell’ONG Women’s Learning Partnership (WLP), “lo status delle donne nella società è diventato lo standard attraverso il quale si può misurare il progresso dell’umanità verso la civiltà e la pace”.
Sembra scontato che, nel 2020, la donna debba godere di pari dignità dell’uomo e dei suoi stessi diritti. Ma anche se sono stati fatti notevoli passi avanti sulla strada dei diritti delle donne, la piena uguaglianza tra i generi è ancora un obiettivo da raggiungere. La sensibilità a livello internazionale riguardo a questi temi si è sviluppata tardi e, a conti fatti, potere e responsabilità, nella vita economica, politica e sociale, sono tutt’ora attribuiti soprattutto a rappresentanti del genere maschile. In altri contesti, poi, dai contorni giuridici e culturali più rigidi, la condizione femminile subisce ancora retaggi e vincoli di una tradizione che le vuole in un ruolo subordinato nella società. Non bisogna credere che l’empowerment femminile di cui l’attuale società ha bisogno sia finalizzato ad un ambito meramente professionale: ancora più importante, e forse ancora più difficile, è riuscire a coinvolgere l’ambito sociale e personale di ogni donna, perché significa abbattere quelle barriere e quegli stereotipi che ingabbiano da troppo tempo ognuna.
Il progetto “Sorelle di corpo” ha unito tante voci diverse accomunate dall’intento di lanciare un messaggio di consapevolezza ed accettazione individuale. Al centro, il percorso fotografico costruito da Valentina Botta, giovane fotografa di Albisola, che ha trasformato donne di tutti i giorni in vere “modelle”, alla scopo di trasmettere l’idea di un corpo femminile libero e di riuscire a dissacrare il concetto canonico e preconfezionato di perfezione e bellezza. Intorno a queste fotografie, le realtà faentine coinvolte hanno sviluppato una serie di riflessioni che mettono al centro la donna in tutte le sue sfaccettature.
L’amore si manifesta molto più di quanto crediamo, in ogni gesto, in ogni famiglia, in ogni cosa. Risulta quindi evidente che l’amore permea trasversalmente tutta l’umanità, si mostra prepotentemente perchè è parte integrante della natura dell’uomo. L’amore per definizione non è esclusivo, ma inclusivo e per questo motivo si è scelto di dare forma, immagine e dignità ad ogni tipo di amore. L’amore è anche un percorso, non è un oggetto dato, ma si evolve. Parte da un’emozione per poi trasformarsi in un sentimento, così l’idea di un progetto work in progress. Non una mostra statica, non foto già date, ma un progetto seguito passo per passo lungo tutto il percorso. La struttura portante della mostra verrà arricchita in tempo reale da contributi fotografici in estemporanea. A sottolineare la dinamicità del progetto, si è pensato a Faenza come punto di partenza, dal quale successivamente dipanare il percorso in altri tessuti urbani. Il Bar della Città da sempre collabora con realtà presenti sul territorio e per questa ragione si è scelto di coinvolgere fotografi e soggetti della zona che lavoreranno insieme per documentare momenti di intimità. Oltre alle coppie eterosessuali, ci saranno coppie LGBTQ+ e altre coppie che normalmente non sono ritenute rappresentative per la nostra società, quali disabili, interrazziali, amori della terza età , amori a distanza etc.
Nella nostra vita quotidiana troviamo infiniti gesti d’amore e crediamo che sia giusto prestare attenzione a questo sentimento che ci circonda.
L’importanza del Filo Rosso:
Oltre ai fini estetici il filo rosso riconduce a molteplici significati:
Le foto in bianco e nero connesse dal filo rosso rimandano alla sceneggiatura del film ‘Schindler’s List’, uscito 25 anni fa nelle sale, volendo appunto ricordare anche le vittime LGBTQIA+ morte nei campi di concentramento.
Il filo conduttore, il fil rouge appunto, presente in tutte le storie.
In questo caso intesse la traccia fra tutte le realtà che vengono intersecate tra loro a formare un’unica grande trama.
Il rosso perchè da sempre è il colore simbolo dell’amore e l’amore appunto collega tutte le situazioni esposte.
La leggenda Cinese delle anime gemelle. Un’antica credenza orientale racconta come le anime gemelle siano strette da sempre e per sempre da un filo sottilissimo, legate al mignolo della mano sinistra. Il filo rosso del destino unisce in maniera indissolubile due persone a dispetto di differenze di età, ceto sociale, genere, luogo di nascita o residenza: un legame indistruttibile.
Il tutto è completato da interviste fatte alle coppie, famiglie coinvolte all’interno del progetto che raccontano e condividono con tutti noi le loro storie.
‘’il fine non è rappresentare. Non è l’esaltazione della forma stessa , ma è l’esplicitazione di una forma che dice io sono’’ da questa riflessione di Fedilou siamo giunte al titolo wo(ME)n.
Le quattro artiste coinvolte intendono esplorare il concetto di femminilità e il rapporto con il corpo femminile, attraverso fotografie, disegni, illustrazioni e dipinti. Insieme alla mostra sono stati ideati eventi e collaborazioni che daranno la possibilità a giovani e adulti di riflettere sulle tematiche affrontate e nell’importanza di festeggiare la giornata dell’8 marzo (e non solo). Artiste coinvolte: Noemi Luque Rodin, Federica Valli (in arte Fedilou), Marta Braggio, Desirée Gentilesca
Obiettivi della mostra:
Celebrare la giornata della donna, riflettendo sulle tematiche di genere che influenzano la nostra società;
Favorire la riflessione su tematiche legate alla femminilità e al rapporto con il proprio corpo;
Coinvolgere la comunità con un percorso tematico itinerante per scoprire spazi non canonici per una mostra artistica e donandogli una nuova identità;
Portare l’arte e la bellezza nella vita quotidiana.
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