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La Borda


Dal 5 al 27 luglio 2022

Immersione nella cultura popolare romagnola tra figure del folclore e arte contemporanea, 5 artisti provenienti da diverse parti dell’italia, indagano l’onirico romagnolo.

Ricordo che da bambino la mattina presto quando andavo a scuola il mondo era un luogo diverso, misterioso, ogni passo era un passo nel vuoto, un vuoto bianco, familiare, perché ogni passo lo conoscevi a memoria ma la sensazione era sempre quella di infilarti in qualcosa di immenso, molto più grande di te e del mondo che normalmente alla luce del giorno avresti pensato di vedere, una gigantesca pancia della balena, o un bosco stregato. Di tanto in tanto qualche figura affiorava in mezzo a questo velo umido, probabilmente una vecchietta che andava a fare la spesa o un signore in bicicletta che andava al bar a prendere il caffè, ma agli occhi di un bambino il primo impatto era quello di stare per ritrovarsi difronte a qualcosa di incomprensibile, qualcosa che solo nei propri sogni avrebbe potuto camminare, allora ti riempivi i polmoni di quell’aria bianca e fredda e aumentavi il passo, capendo in qualche modo che la realtà era piena di visioni in equilibrio tra un mondo e un altro. La borda è il titolo di questa mostra, una mostra che vuole parlare di quanto sia sottile il confine tra ciò che reputiamo reale e ciò che appartiene ad un altro mondo, altrettanto reale, che non abbiamo mai compreso a pieno, quello spirituale che portiamo dentro di noi, quello della nostra immaginazione che sprigiona all’interno della realtà, un universo di immagini e creature che proiettiamo nel reale. Diventando grandi dimentichiamo tutto questo, o lo trascuriamo per confrontarci con problemi reali, erano le nonne a ricordarci delle paure ancestrali, spiritelli o vecchie terrificanti che ti rapivano nella nebbia, la stessa Borda è un’anziana che rapisce i bambini che si allontanano sconsiderati in quel labirinto bianco, forse perché il lungo tempo ci riporterà a questo legame con un mondo meno logico e più magico. Cinque artisti, tre romagnoli una campana e un pugliese, dai margini opposti di questa Italia variegata di colori come la veste del trickster per eccellenza del nostro patrimonio culturale “l’arlecchino”, ritroviamo in loro un confronto di queste figure tra demoni e fate, mostri mitologici e rimedi dai loro tormenti. Tra gli autoctoni di questa Romagna recentemente troppo bagnata dal Senio, Santerno, Lamone e altri fiumi, troviamo Alessandro Turoni che confrontandosi con la figura del basilisco, grande bestia mitologica delle nostre terre, mezzo gallo mezzo serpente, reinterpreta il nostro gallo romagnolo con sonaglio, simbolo di questa zona, ma raffigurandolo con una vanga e utilizzando oggetti che hanno fatto parte della grande perdita di ognuno di noi in questa valanga d’acqua che ci ha sommersi e da cui stiamo riemergendo. Arianna Zama invece ci riporta ad uno sguardo su una vita antica in cui vi sono presenze che popolavano questa nebbia nel quotidiano, appena apparse o in procinto di sparire dalle streghe della nebbia, da maschere di un antico animo, o da pastorelli che portatisi lontani ci lasciano solo il ricordo delle loro calzature, dei dettagli in evanescenza. Massimiliano Fabbri indaga la figura del trickster per eccellenza che con la sua pittura è stato in grado di ribaltare lo spirito del tempo del nostro territorio, Mattia Moreni, che lui stesso definisce come un demone. Attraverso l’inchiostro e la penna instaura una relazione con quelle che sono state alcune tra le opere più grottesche del maestro cercando anche un confronto con quella che potrebbe essere una volontà data dalla fascinazione avuta nella giovinezza verso questo demonio della pittura. Ilaria Piccirillo invece usa la cartapesta per creare monili e amuleti che in antichità proteggevano da queste altre realtà, feticci sacri prodotti tramite una gestualità diretta, giocosa, quasi infantile a ricordarci il legame con questo mondo in cui si uniscono sia incubi che sogni. Dario Molinaro affronta il tema della Strega o Dama Bianca, qui ciò che spaventa attrae e in questo caso ritroviamo antiche cartoline erotiche in cui la presenza femminile diventa eterea e impalpabile, proprio grazie ad un intervento pittorico in cui con l’utilizzo del colore dato a spatola copre il volto di queste donne, queste ninfe, ineccepibili creature, riempiendone in maniera astratta il volto di quelli che sono i colori dei visi della sua pittura, dando una forte percezione della carne che però rimane inafferrabile e illeggibile proprio come la figura di un sogno, concreta ma che al tuo risveglio non riesci a ricordare.

FILIPPO MAESTRONI

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